Inaugurazione: giovedì 27 ottobre h 17.30
A cura di Marisa Daffara
Durante l'inaugurazione, gli attori Valeria Carraro e Tarcisio Stagnati reciteranno alcune poesie legate ai temi della produzione artistica dell'autore.
Seguirà rinfresco.
La mostra retrospettiva si protrarrà fino al 3 dicembre (orario di biblioteca)
Si inaugurerà il 27 ottobre 2016 alle 17,30, presso la biblioteca Arduino di Moncalieri, presente l'assessore Laura Pompeo, una mostra retrospettiva dedicata al Maestro Giampiero Nebbia, artista piemontese nato nel 1943 e morto dieci anni or sono. Predilesse la pittura a olio sebbene, come ogni pittore che si rispetti, abbia esplorato le varie tecniche, dalla matita agli acquerelli fino all'acrilico, steso con piccole e lievi spatolate. Così, diversi e vari furono i soggetti che durante la sua carriera presentò: nudi candidi e raffinati, figure di donne colte in momenti di riflessione o di attesa, paesaggi dagli ampi cieli e larghe campiture cromatiche; più spesso, scor ci cittadini illuminati dai fari delle automobili o avvolti in fitte nevicate.
Giampiero Nebbia era soprattutto un curioso della notte, come ebbe a dire in parecchie interviste. Le finestre accese stimolavano la sua fantasia, così come le vetrine dei locali da cui intravedeva avventori appoggiati ai banconi o suonatori con i loro strumenti. Immaginava le storie delle persone dietro le persiane: un bambino che forse piangeva, qualcuno impegnato nella lettura, un malato o una coppia che si ritrovava dopo una giornata di lavoro. Fu sempre molto attento all'umanità che lo circondava. La sua sensibilità di artista gli faceva avvertire l'incomunicabilità che spesso avvolge le persone in un bozzolo fino a condurle a una solitudine dolorosa, perché mai accettata. Molti soggetti dei suoi dipinti furono i clochard, gli anziani, le prostitute, i disoccupati: persone spesso dimenticate a cui invece dedicò una partecipe attenzione, proponendo immagini significative e atte a pungolare le coscienze.
I suoi personaggi erano spesso di spalle o a capo chino. Ciò fu oggetto di critiche, quasi non fosse in grado di riprodurre i lineamenti del viso. Mise a tacere tutti con una mostra interamente dedicata ai ritratti e poi tornò a esprimersi come meglio sentiva. Nelle sue tele non c'erano volutamente i volti perché identificava nei soggetti tutti noi: a nessuno sono mancati, nel corso della vita, momenti di abbandono, di stanchezza, di dolore. Quando la malattia lo colpì, impedendogli di avere una vita sociale attiva, il suo modo di esprimersi pittoricamente rispecchiò in modo fedele la nuova condizione. Alle atmosfere ovattate, ai colori stemperati, alle luci che indicavano comunque una possibilità di riscatto e di speranza, sostituì tagli prospettici geometrici, scolpiti da colori accesi e contrastanti con i quali manifestava la propria inquietudine. Per un certo periodo si sentì idealmente vicino ai temi di Hopper, ma aggiungeva ai soggetti tipici del pittore americano l'uomo solo, inconfondibile simbolo dei suoi quadri, a significare l'universalità della solitudine, che attanaglia l'anima sotto qualsiasi cielo.
Numerose e qualificanti sono state le mostre personali in Italia e all'estero; vinse parecchi premi in concorsi di pittura e fu poi in Giuria egli stesso; la critica specializzata si occupò di lui in parecchie occasioni. Tuttavia, questi riconoscimenti contarono poco rispetto al vero "premio" che egli ebbe sempre: l'affetto del pubblico che si riconosceva istintivamente nei soggetti proposti e che ne amava la tecnica esecutiva. Senza retorica, si può affermare che ebbe in dono un grande talento, ma la sorte non gli fu benigna. Conobbe troppo presto la sofferenza fisica che gli impedì di realizzare pienamente le sue potenzialità.